Il giudice penale, per il calcolo dell'imposta evasa, qualora non intenda tener conto dell'esito di un accertamento con adesione o di una conciliazione che riducono la pretesa dell'amministrazione, deve motivare i concreti elementi di fatto che rendono maggiormente attendibile l'iniziale quantificazione operata dai verificatori.

 

In particolare la Suprema Corte ha recentemente affermato, sia pure con riferimento al reato di dichiarazione infedele, che, pur non essendo il giudice vincolato, nella determinazione dell'imposta evasa da ritenersi rilevante onde reputare accertato o meno il superamento della soglia di punibilità, all'imposta risultante a seguito dell'accertamento con adesione o del concordato fiscale tra Amministrazione finanziaria e contribuente, è tuttavia necessario che, onde potersi discostare dal dato quantitativo convenzionalmente accertato e tenere, invece, conto dell'iniziale pretesa tributaria dell'Erario, risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l'iniziale quantificazione dell'imposta dovuta (Sez. 3, n. 5640 del 02/12/2011 - dep. 14/02/2012, P.M. in proc. Manco, Rv. 251892; v. anche, Sez. 3, sentenza n. 37954 del 2012, ric. Lacirignola, non massimata).

 

E' quindi ben possibile che la pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria venga ridimensionata o addirittura invalidata nel giudizio innanzi al giudice tributario, senza che ciò possa vincolare il giudice penale e senza che possa quindi escludersi che quest'ultimo pervenga - sulla base di elementi di fatto in ipotesi non considerati dal giudice tributario - ad un convincimento diverso: è ovvio però che di tale diverso convincimento occorre dare specifica e congrua motivazione.

 

Con la precisazione, peraltro, che i possibili esiti del giudizio tributario, che può definirsi anche con una pronuncia meramente in rito, costituiscono un dato ben distinto dalla pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria.

 

L'accertamento con adesione e ogni forma di concordato fiscale si collocano sul crinale della distinzione appena tracciata: c'è un'iniziale pretesa tributaria che poi viene ridimensionata non già dal giudice tributario, ma da un atto negoziale concordato tra le parti del rapporto. Anche in tal caso, dunque, il giudice penale non è vincolato all'imposta così "accertata"; ma per discostarsi dal dato quantitativo risultante dall'accertamento con adesione o dal concordato fiscale per tener conto invece dell'iniziale pretesa tributaria dell'amministrazione finanziaria, occorre che risultino concreti elementi di fatto che rendano maggiormente attendibile l'iniziale quantificazione dell'imposta dovuta.