La Suprema Corte di Cassazione (sentenza n. 28570/2019), ha ribadito come il titolare di un locale commette un reato nel caso in cui non intervenga per limitare il rumore prodotto dai clienti presenti all’esterno del locale.

I ricorrenti, in particolare, sostenevano l’ingiustizia della condanna in quanto era stato loro addebitato tanto la diffusione di musica in mancanza di adeguata insonorizzazione, che il mancato impedimento dell’assembramento rumoroso degli avventori. Per la difesa, in sostanza, la repressione della movida rumorosa era compito delle pubbliche autorità e non dei privati cittadini.

La Cassazione, tuttavia, non ha accolto tali motivi di doglianza poiché le indagini avevano accertato il superamento del limite previsto dei tre decibel, ovvero un andamento da 6 a 8 decibel, con sorgenti rumorose individuate all’interno del locale tra musica, chiacchiere degli avventori e rumore proveniente dalle persone presenti davanti all’esercizio.

Per la Corte, in sostanza, gli esercenti avevano un preciso obbligo di impedire il rumore, anche all’esterno del locale, poiché dovevano segnalare alle pubbliche autorità che la frequenza del locale da parte degli avventori non sfociasse in condotte contrastanti con le norme poste a tutela dell’ordine e della tranquillità pubblica.