Secondo la giurisprudenza di legittimità (Cassazione, sentenza n. 35602 dd. 19.11.2021): “l’attività agonistica implica l’accettazione del rischio ad essa inerente da parte di coloro che vi partecipano, per cui i danni da essi eventualmente sofferti rientranti nell’alea normale ricadono sugli stessi, onde è sufficiente che gli organizzatori, al fine di sottrarsi ad ogni responsabilità, abbiano predisposto le normali cautele atte a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva, nel rispetto di eventuali regolamenti sportivi”.

Ovviamente l’atleta accetta il rischio normalmente connesso a quel tipo di sport, non ogni rischio derivante dalla condotta altrui, anche dolosa: è dunque giustamente escluso dalla regola dell’accettazione del rischio il fatto doloso o dovuto a colpa particolarmente grave. Determinante pertanto ai fini della responsabilità è l’individuazione della norma violata e dello scopo di essa, ai fini della valutazione della colpa.

La Cassazione precisa altresì che “la regola” vale sia che l’attività sportiva venga svolta in forma agonistica, sia che si tratti di un allenamento o di un esame sportivo. Ciò che potrà rilevare, invece, è la “qualità” dell’atleta: allo sportivo professionista viene richiesta, infatti, un’attenzione maggiore rispetto al dilettante poiché quest’ultimo non ha le capacità tecniche di chi invece esercita l’attività sportiva su basi professionali e che meglio sa conformare la propria condotta alle regole di gioco.

Nel caso di specie, la Cassazione aveva rigettato il ricorso promosso poiché il ricorrente, cui era stato rotto il setto nasale durante la prova di esame di arti marziali presso la palestra che frequentava per praticare lo sport “Ju Jitsu”, aveva centrato la propria doglianza sulla distinzione tra attività sportiva vera e propria e prova di esame. Tale distinzione, come detto però, non rileva in quanto le regole dell’una e dell’altra sono identiche.